Quando l’arte scivola su una buccia di banana

Quando l’arte scivola su una buccia di banana

La banana si presta alla comicità metaforica. Lo aveva già capito Roberto Benigni, nel film Johnny Stecchino. Nella commedia l’ingenuo protagonista Dante, ignaro sosia di un boss mafioso, viene catapultato in un mondo che non è in grado di afferrare né percepire e si convince di essere perseguitato a causa del furto di una banana. La commedia degli equivoci raggiunge il culmine quando Dante-Benigni assediato in un palco del teatro chiede incredulo e disperato“Ma quanto costano le banane a Palermo?.”

La banana che Maurizio Cattelan ha attaccato al muro con nastro adesivo argentato, ed esposto come opera d’arte con l’ilare titolo Comedian, un mese fa all’ultima edizione di Art Basel Miami, comprata da un collezionista per 120.000 dollari, è stato solo il primo atto di una commedia-performance che ha posto molte domande e coinvolto critica, pubblico, artisti, in una serie di reazioni che inducono (ancora una volta) a ragionare sulle dinamiche che regolano il sistema e il mercato dell’arte. La banana-opera è diventata un dispositivo ad orologeria, il cui detonatore è stato azionato da un altro artista (davvero non previsto?) che l’ha staccata dal muro e l’ha divorata, (azione rivendicata anch’essa come artistica e ribattezzata Hungry Artist, il cui video è diventato virale in pochi giorni)). Lo “scherzo-Comedian” e la “provocazione” di Cattelan viene così elevata all’ennesima potenza con grande risonanza mediatica, grande interesse del mondo della critica che si è espressa e divisa su vari punti: lo statuto ontologico dell’opera, le intenzioni dell’artista, la portata concettuale del gesto, il ruolo dei collezionisti..(per una sintesi sui vari interventi si rimanda ad un esaustivo articolo apparso su Finestre sull’Arte), con gli inevitabili riferimenti in negativo o in positivo alle provocazioni che hanno fatto la storia dell’avanguardia nell’arte, dal ready made di Duchamp in poi, e qualcuno ha di nuovo decretato (cosa ricorrente dagli anni settanta ad oggi) la morte definitiva del mondo artistico e dell’arte in genere. Per chiudere il cerchio: il penultimo giorno di esposizione, dopo tanto clamore mediatico, la galleria Perrotin (che esponeva Maurizio Cattelan) è stata presa d’assalto da un pubblico determinato a ripetere la performance e provare il brivido di ingurgitare la nuova banana sostituita, (la nuova Comedian), ed è stata costretta a chiudere per non mettere in pericolo le altre opere esposte.

Maurizio Cattelan è un artista di fama internazionale, è capace di suscitare con la sue opere dibattito, irritazione, entusiasmo, riuscendo sempre a catturare l’attenzione di critica e pubblico. E’ (nonostante fossero presenti sulla scena italiana altri artisti relazionali) l’unico artista italiano citato da Nicolas Bourriaud nel suo Estetica Relazionale, (testo del 1994) dove il critico francese individuava un’azione artistica affermatasi dagli anni novanta, che andando oltre la discussione sullo statuto dell’arte e sulla definizione di cosa debba essere l’arte, concentra la ricerca sulle dinamiche relazionali, sociali, politiche. Per questi artisti non si tratta più di produrre opere ma di creare situazioni in grado di suscitare reazioni, riflessione, consapevolezza sul tipo di sistema o sull’aspetto della vita che si analizza. Creare situazioni paradossali, e spesso disturbanti, fa parte del gioco, è un modo di scuotere le coscienze, una specie di terapia d’urto. L’opera può essere un momento di partecipazione sociale o un oggetto produttore di partecipazione sociale. Cattelan (Borriaud lo ricorda nel suo lavoro) ha sottolineato spesso con azioni plateali, ironiche, paradossali, irriverenti il rapporto tra l’artista e il suo gallerista, deridendo e facendosi beffe del proprio sistema di riferimento. In passato ha disegnato per Emmanuel Perrotin un costume da coniglio fallico che doveva indossare durante la durata della mostra..(tanto per ricordarne una). Comedian di Art Basel è un’azione che prosegue in questa direzione, ma chiude il cerchio disinnescata da qualsiasi carica polemica e rivoluzionaria, anzi l’effetto, il coinvolgimento che ha suscitato va decisamente in segno opposto, ovvero a favore del Sistema.

Maurizio Cattelan, Not afraid of love, Parigi 2016
Fonte flickr- ph Fred Romero

Il critico Francesco Bonami, che in passato ha messo in luce anche gli aspetti geniali di Maurizio Cattelan, (Lo potevo fare anch’io, ed. Mondadori), a proposito di Comedian ha dichiarato: “Il punto è che l’opera non esiste. L’opera è il fatto che se ne parli. La domanda è: tutto ciò aggiunge qualcosa al dibattito sull’arte, sulla cultura o sulla società odierna? Cattelan è un genio, ma Cattelan che presenta la banana è come Leonardo Da Vinci che fa la punta alla matita, totalmente irrilevante, folklore.”

Vero. Ma siccome l’arte, in ogni sua forma è sempre una cartina di tornasole sullo stato delle cose in genere, il caso Comedian qualcosa ci dice sul mondo dell’arte, sulla cultura e sulla società odierna. Appare chiaro che il sistema dell’arte (critica-gallerie-fiere espositive-collezionisti) è ormai organizzato e strutturato in modo da assorbire, sfruttare a proprio vantaggio anche (e soprattutto) il dissenso, e quanto più un’azione o un’opera suscita clamore mediatico, tanto più se ne avvantaggia il mercato dell’arte, e dunque gli strumenti storici dell’avanguardia artistica la dissacrazione, lo sguardo deangolato, la sospensione di senso, l’anarchia nello sviluppo non previsto e imprevedibile dell’opera-azione, l’appropriazionismo, il paradosso come strumento di inversione di significato, non mettono più in discussione un’architettura di potere che li prevede come forma di pubblicità per accrescere o addiritttura fondare il valore di mercato di un’opera.

Dopo Comedian nessun artista potrà più (in buona fede) pensare di agire come cavallo di Troia, ovvero mettere in discussione e denunciare il fatto che l’arte sia ridotta a mera merce, da insider, attraverso eclatanti e spettacolari azioni all’interno dei luoghi espositivi dove circolano soldi e collezionisti. La rivoluzione è diventata cliché. Comedian è la dimostrazione sul campo di come il sistema dell’arte sia forte nella sua autoreferenzialità, in grado di attribuire un grande valore e trovare un collezionista disposto a comprare qualsiasi cosa, anche il nulla, purché questo nulla sia firmato da un artista quotato e noto a livello internazionale. Se gli artisti d’avanguardia da Marcel Duchamp in poi, rivendicavano il diritto di attribuire il valore di artisticità alle loro opere per sottrarle ai meccanismi del mercato, per lasciare all’arte una sfera di autonoma creazione di senso, oggi il mercato fonda il proprio potere sul trionfo dell’autorialità, e all’interno di questo meccanismo gli autori tornano alla sacra aura, senza aver più bisogno di fondare il proprio prestigio, né sul valore estetico della forma, né sulla portata concettuale dell’opera, ma sulla potenza della quotazione e sul clamore mediatico attraverso il quale il nulla acquista valore di credibilità, valore culturale. Ma questo fenomeno che tocca il sistema dell’arte, non va forse di pari passo con ciò che accade nella politica (quando diffonde il nulla attraverso i social al posto dell’azione nei luoghi deputati), nel sistema dell’informazione (inquinata dalle fake news), nella liquidità dei rapporti sociali, negli atteggiamenti quotidiani sempre più condizionati dai media, e omologati al sistema consumistico? Il pubblico che prende d’assalto la galleria Perrotin per mangiare la banana resa famosa rende bene l’idea… Negli anni sessanta Guy Debord (La società dello spettacolo 1967), lanciava un allarme, analizzando una società nella quale le relazione interpersonali, e i rapporti sociali cominciavano ad essere mediati e plasmati dalle immagini, costruite dal sistema capitalistico nascente. Lo spettacolo era il tipo di relazioni costruite da una società spettacolarizzata, ma lo spettacolo era solo una parte della società. Nel terzo millennio la profezia si è compiuta: Spettacolo è la Società. Di fronte a questa forma nuova forma di totalitarismo, ci sono forme di consapevole resistenza in tutti i campi, compreso il mondo dell’arte. Non tutta l’arte (e non tutte le realtà espositive) opera sotto le luci abbaglianti delle grandi fiere, del giro di denaro, del clamore e del successo. Gli artisti contemporanei usano tutti i linguaggi della contemporaneità video, fotografia, performance, netart, installazioni, la loro presa sul mondo continua ad essere concettuale, ed è un’azione che vuole significare, svelare aspetti, portare consapevolezza, denunciare le contraddizioni. Nel mondo globalizzato e virtuale che tende a modificare profondamente la nostra percezione del tempo e dello spazio, dove una massa infinita di notizie ci sommerge senza inizio né fine, senza offrire nessuna soluzione, nessuna risposta alle nostre inquietudine esistenziali, gli artisti indagano i confini del corpo, dello spazio, della percezione sensoriale, tracciano mappe, misurano, documentano, evidenziano i rapporti tra le cose, portano i progetti artistici nei luoghi della vita, del dolore, dell’emarginazione. E’ un’arte militante, che lavora per tenere desta la passione, la consapevolezza, la condivisione, che cerca di creare una scala di controvalori rispetto a quelli dominanti. Esistono poi artisti che osano fare la cosa forse più scandalosa e provocatoria che si possa fare nel XXI secolo, ovvero chiudersi nel silenzio di uno studio e lavorare affidando alla materia un messaggio di senso e di bellezza al mondo.

Non tutta l’arte è disposta a scivolare sulla buccia di una banana divorata a Miami, sono comprensibili le reazioni di sdegno di alcuni artisti, lo spiega bene la lettera aperta di un’ artista trevigiana a Maurizio Cattelan, l’incipit : “Egregio Cattelan, le scrivo questa lettera per dirle a nome di molti artisti che la odiamo…” 

Tuttavia anche il caso Comedian testimonia aspetti della contemporaneità, e prima di liquidare la questione come interna al mondo dell’arte, come una crisi di contenuti di Cattelan e degli artisti oggi, dovremmo ricordare che qualunque sia la reazione che susciti dentro o fuori i propri confini, l’arte contemporanea ci parla di noi. Per dirla con Francesco Bonami “L’arte contemporanea siamo noi. Così come ci vediamo oggi allo specchio del presente. A volte ci vediamo belli, a volte orribili: così succede anche con l’arte. Ma trascurare la contemporaneità, non guardarsi ogni tanto allo specchio, vuol dire rischiare di fare un buco nell’ozono della propria anima”. Che ci piaccia o no.

Immagine in evidenza . fotogramma del film Jhonny Stecchino, di Roberto Benigni, 1991, Italia

fonte:Wikipedia, ph Joao Braga, The 30 best italian comedy roule of all times.

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