Jannis Kounellis alla Fondazione Prada di Venezia

Jannis Kounellis alla Fondazione Prada di Venezia

Io sono un pittore, dipingo con qualsiasi cosa, è il mio destino quello di essere un costruttore di immagini. Dipingo lo spazio.

Sono parole che Jannis Kounellis (Pireo 1931-Roma 2017) ripeteva spesso nelle interviste, (o nei testi che scriveva per i cataloghi delle sue mostre), e indicava la mitica mostra del 1969 alla galleria l’Attico di Roma, dove espose 12 cavalli vivi, come il momento in cui era uscito dalla logica del quadro appeso alle pareti delle gallerie, dalla solitudine dell’opera d’arte che il genio consegna al mondo, dai linguaggi convenzionali dell’arte, dalla logica del mercato, per aprire una dialettica con l’altro, un discorso nuovo, per innescare una riflessione sul significato dell’opera d’arte, sulla sua funzione sociale, sulle sue possibilità di muovere il pensiero, e di creare consapevolezza sulla realtà delle cose, sul mondo inteso come lo spazio della vita, lo spazio degli uomini. Fuori dal quadro, diceva, è possibile ritrovare le intese, e la credibilità.

Kounellis aveva lasciato la Grecia per studiare a Roma nel 1956, e nella seconda metà degli anni sessanta era diventato esponente di Arte Povera, movimento artistico italiano, riconosciuto a livello mondiale come uno dei movimenti d’avanguardia più significativi del dopoguerra. Gli afflati rivoluzionari che il suo teorico, critico e curatore Germano Celant espose nell’articolo apparso su Flash Art (Appunti per una guerriglia, novembre 1969) hanno seguito la parabola discendente della grande Utopia che ha interessato tutta l’avanguardia, e nella prima metà degli anni settanta il movimento si è sciolto, lasciando gli artisti- guerriglieri soli di fronte alla responsabilità della loro ricerca, della loro battaglia o della loro resa. Jannis Kounellis ha continuato a procedere in direzione ostinata e contraria, senza indietreggiare di un passo rispetto all’assunzione di responsabilità sociale dell’artista, (quella che lui chiamava moralità) e rispetto alle premesse militanti, tenendo aperta la dialettica con l’altro, andare verso l’altro scevro dal radicalismo, con l’onestà intellettuale di mettere in conto che l’altro può avere ragione, senza rinunciare, però, alla propria dimensione morale, al proprio ruolo di intellettuale partecipe e artefice del mondo, e senza rinunciare all’importanza della Storia, della tradizione, della cultura antica. Nell’intervista concessa a Philippe Daverio nel 2011, l’artista dichiarava con l’ironia di chi ha visto il fallimento dei grandi sogni, riuscendo tuttavia a non cadere nel cinismo e nel disincanto “sono tentato di essere anche un pittore d’avanguardia e dunque militante, l’arte per essere incisiva deve essere militante”. La militanza di Kounellis non era però nell’azzeramento di quello che ci ha preceduto, ma nel presentare le immagini della Storia in forma “equilibrata” nel loro valore assoluto, ma laico, e nell’impresa di farne linfa vitale per nuove forme di vita , di pensiero, di arte, e in definitiva nuovi spazi di libertà. “La storia e la tradizione sono un confine dal quale partire, senza quel confine niente è vero.” Kounellis greco di origine italiano d’adozione, sentiva di appartenere ontologicamente alla drammaturgia, in particolare alla drammaturgia della tradizione pittorica italiana, ombrosa, sfumata. Individuava nella Madonna di Tiziano le origini di una modernità, che sdogmatizza e porta la vita vera nella rappresentazione, per l’audacia di aver preso a modello una prostituta per rappresentare una figura sacra, e per la carnalità che questa figura esprime. Per questo Kounellis ha dichiarato “non riesco ad immaginare una civiltà liberale senza la madonna di Tiziano”, aggiungendo che “l’installazione dei cavalli vivi nello spazio sacro della galleria ha la stessa logica della madonna di Tiziano.

Dalla mostra con i cavalli del 1969 in poi l’artista diventa drammaturgo e usa le opere per costruire lo spazio, e lo spazio è il luogo scenico, una quinta teatrale costruita con la logica del pittore, con la potenza narrativa, evocativa dello scrittore, e la profonda consapevolezza dello storico. Kounellis racconta la Storia attraverso i materiali, le cose che incarnano la Storia, (esattamente come un pittore usa i colori per organizzare un quadro), ma contrariamente al quadro le installazioni di Kounellis hanno odori, consistenza fisica, peso, misura, e sono costruite, organizzate nello spazio scenico per il loro potere simbolico, evocativo. Il sacco di iuta “legato all’idea del commercio marittimo, simbolo dei porti levantini”, e di tutte le navi che gli uomini (come gli Argonauti della mitologia) hanno costruito per solcare i mari, per conoscere o conquistare altri spazi , altre civiltà. Il ferro, e il carbone che subito ci rimandano all’epopea ottocentesca, ai fumi neri delle prime città industriali, alle ferrovie, alle condizioni degli uomini nelle miniere, ci portano dentro il sapore di un’epoca. “Per me il carbone non è un materiale in sé, mi interessa il suo valore simbolico e letterario, per me il carbone ha lo stesso significato che aveva per Victor Hugo”. Ma se la parola ha il potere immediatamente evocativo, il materiale ha bisogno di un peso per polarizzare lo spazio scenico, per catturare la nostra attenzione, e dunque è importante il peso e la misura, espone quintali di carbone.

Jannis Kounellis Senza titolo , 1994 ferro, smalto
Jannis Kounellis Senza titolo , 2013 ferro, pietre, tessuto, acciaio, juta, carbone, lana, macchine da cucire, cappotti, marmo, ceramica
Jannis Kounellis Senza titolo , 2011 cappotti, cappelli, scarpe
foto:Agostino Osio-Courtesy Fondazione Prada

E gli indumenti, i cappotti di lana pesante, i cappelli di feltro, le scarpe di cuoio, disposti a terra, ordinatamente uno accanto all’altro, sequenza di involucri che hanno accolto corpi, che sono adesso testimonianze di passaggi, di assenze, tanto intime quanto dolorose. C’è tutto il senso della Storia Sociale in questi indumenti, e nel contempo delle singole piccole storie di uomini che l’hanno scritta, storia fatta di cose , di odori, di carne, di materia simbolo, di tracce che l’uomo lascia dietro di sé. Dai sacchi di iuta alle superfici modulari in metallo della realtà industriale. Jannis Kounellis componeva i materiali come proposizioni per costruire di volta in volta un nuovo discorso, imprigionando gli abiti dentro lastre di ferro, murando le porte con blocchi di pietra, esponendo il carbone o i sacchi cuciti uno dietro l’altro, issando vele di canapa con l’immagine del Cristo crocifisso (che lo interessa per la sua vicenda umana, terrena), creando scontri dialettici tra leggerezza e pesantezza, stabilità e instabilità, mettendoci di fronte a labirinti da percorrere per trovare ad ogni svolta un indizio del racconto, ricreando attraverso le sue figurazioni nello spazio il senso del dramma, dell’epico, dell’ombra, disponendo i suoi lavori “uno dopo l’altro, alla distanza che il ritmo decide, come la somma delle utopie vissute e raccontate mille volte”. Sempre al centro c’è il suo profondo Umanesimo, il suo profondo interesse per l’Uomo. Le misure delle lastre di ferro sono le misure di un letto a due piazze, o le misure di una porta; misure che possono contenere un corpo umano. Il Partenone, diceva, salverà il mondo.. perché è un monumento che ha le misure dell’uomo, è un monumento umanistico, diminuisce forse un po’ l’idea di dio ma aumenta molto l’idea dell’uomo.

Per comprendere la potenza creativa, visionaria e romantica con la quale dipingeva lo spazio, occorre guardare il capolavoro di Ermanno Olmi, Atto Unico. Nel 2006 il grande regista ha filmato Jannis Kounellis per quasi un mese durante i lavori di preparazione della sua mostra alla Fondazione Arnaldo Pomodoro. Un documento di straordinaria bellezza e poesia che ci fa comprendere appieno le parole dell’artista greco: ”La mostra è una prova di grandissima teatralità, un atto unico, deve avere una moralità ed indicare una via d’uscita.”

Jannis Kounellis, Senza titolo, 1993-2008,armadi, cavi d’acciaio
Jannis Kounellis, Senza titolo 2015, ferro, carbone- foto :Agostino Osio- Courtesy Fondazione Prada

A due anni dalla sua scomparsa, la Fondazione Prada dedica a Jannis Kounellis una mostra antologica, nello splendido palazzo settecentesco di Ca’ Corner della Regina a Venezia. La mostra ripercorre l’attività artistica dell’artista greco attraverso una attenta e precisa ricostruzione storica della ricerca dell’artista, dai quadri musicali del 1959 alle grandi installazioni degli ultimi anni di attività. Un percorso espositivo che propone al piano terra un approfondimento sull’attività teatrale di Kounellis con una selezione di documenti (film, cataloghi, inviti, manifesti e fotografie d’archivio). Una mostra che ci offre l’occasione di incontrare ancora una volta, come tanti piccoli approdi, gli elementi costitutivi l’opera di Jannis Kounellis, la sua potente poetica, la sua sfrenata immaginazione. Il curatore è proprio Germano Celant, il teorico e critico che con l’artista ha condiviso un importante tratto di strada fatta di esperienze, ideali, scontri, amicizia. Un allestimento perfetto che presenta gli elementi fondanti, le frasi del racconto di Kounellis, con l’umiltà, l’affetto e la consapevolezza che senza la forza compositiva, senza la visione di Kounellis, si può solo offrire i frammenti della sua narrazione. Queste le parole di Celant nel catalogo della mostra: L’azione magica, sorretta dalle sue decisioni e dalle sue sorprendenti stratificazioni si è estinta con la sua recente e dolorosa scomparsa. Ci rimane la realtà del suo manifestarsi per frammenti, che non è possibile senza l’artista ricondurre a un tutto animato e puro. E’ allora necessario lavorare sul riverbero del suo percorso, cercando di presentarlo come un “altrove” ormai separato dall’esistenza. Offrirlo nel modo in cui si è espresso nel tempo, ricostruendolo come un crogiuolo di potenza radiante: un flusso che formi un labirinto, caro a Jannis, in cui perdersi, ritrovando la vitalità di entità frammentate ma capaci di riflettere un continuum.

Jannis Kounellis” A cura di Germano Celant Fondazione Prada, Ca’Corner della Regina, Venezia. 11 maggio – 24 novembre 2019

Immagine in anteprima : Jannis Kounellis, Senza titolo, 2011Jannis Kounellis Senza titolo , 2011 cappotti, cappelli, scarpe- foto: Agostino Osio-Alto piano- Courtesy Fondazione Prada

sullo sfondo:

Jannis Kounellis Senza titolo (Giallo) , 1965 olio su tela- foto: Agostino Osio- Courtesy Fondazione Prada

Tutte le immagini nell’articolo : “Jannis Kounellis”- A cura di Germano Celant- Fondazione Prada Venezia- 11 maggio/24 novembre 2019- Foto : Agostino Osio- Courtesy Fondazione Prada

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